Evento formativo ECM, Roma 20 maggio 2017
CUMS, Caserma S. D'Acquisto -  Sala Maritano - Viale Di Tor Di Quinto, 151

Il dolore neuropatico (definizione IASP: dolore derivante da una lesione o malattia del sistema nervoso periferico o centrale) rappresenta uno di paradigmi di dolore cronico non oncologico dove il dolore ha perso i connotati protettivi del sintomo per assumere quelli di una situazione fisiopatogeneticamente maladattativa e difficilmente reversibile (malattia); al contempo, è uno dei quadri clinici di maggiore difficoltà per la strutturazione di una terapia efficace e, soprattutto, sostenibile.

In termini clinici ne deriva una quota variabile tra il 35 ed il 50% di pazienti con qualità della vita scaduta per disabilità derivata dall’impossibilità di ottenere un adeguato sollievo dal dolore.

Al riguardo numerosi contributi della letteratura internazionale, oltre che documentare un impatto bio-psico-sociale di dimensioni superiori a quello di patologie cardiovascolari e metaboliche, pone enfasi sulla necessità di modificare l’approccio terapeutico orientandolo secondo un criterio di tipo semeiotico (fenotipo del dolore: segni e sintomi specifici di quello specifico quadro di dolore neuropatico nello specifico momento) che è l’epifenomeno di sottostanti meccanismi patogenetici piuttosto che, come prevalentemente attuato, al criterio eziologico. Ciò consentirebbe una maggiore appropriatezza prescrittiva e una maggiore efficacia che è da intendersi secondo un’ottica di recupero della quotidianità piuttosto che di analgesia totale.

Un protocollo terapeutico, soprattutto in caso di cronicità, deve essere efficace ma, parimenti, sostenibile sia in termini biologici (rapporto efficacia/sicurezza) sia in termini di sostenibilità (minima interferenza possibile con i ritmi professionali, relazionali e sociali). Tutti gli aspetti sopracitati sono parimenti importanti ma, tra di loro, a seconda delle caratteristiche del paziente e del suo contesto, uno o più di essi possono diventare predominanti rispetto gli altri.

Ne deriva il concetto di terapia personalizzata “dinamica” in cui, identificati gli obbiettivi “realistici” che il paziente vuole raggiungere, il medico del dolore deve, sulla base delle sue competenze e delle metodologie disponibili, oltre che definire il miglior protocollo possibile e sostenibile anche, con cadenza programmata, rivalutare l’andamento clinico e, ove necessario, procedere alle modifiche e/o integrazioni eventualmente necessarie.

Prof. Maurizio Evangelista

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