In questi giorni ci giungono molte richieste di chiarimenti sul Covid 19, sulla terapia e anche sul sospetto che questo nuovo coronavirus possa essere un prodotto di laboratorio o di ingegneria genetica.

Cominciamo da questo aspetto: da molte parti, nelle settimane scorse era stato ipotizzato che il nuovo coronavirus, il Betacoronavirus, il Covid 19, sarebbe risultato dell'evoluzione naturale di altri virus della stessa famiglia e non un prodotto di laboratorio o di ingegneria genetica, cioè non fatto dall'uomo manipolando geni virali in provetta. Questo era stato insinuato più volte all'inizio di questa pandemia e questo è suggerito da uno studio sui genomi, cioè sui geni di questo nuovo coronavirus e di virus affini pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Medicine. I ricercatori hanno affermato che confrontando i dati genetici disponibili per diversi tipi di coronavirus si può oggi affermare che questo nuovo coronavirus si è originato attraverso processi naturali. Gli esperti come hanno condotto il lavoro? Hanno confrontato il gene per una proteina chiave nel processo infettivo, una proteina dell'involucro esterno del virus, chiamata appunto spike, spina, punta, che serve al virus per attaccarsi, per entrare e per infettare le cellule umane. Questa spina, questo spike è dotato di un uncino molecolare, chiamato porzione RBD, con cui il virus si lega alle cellule umane incastrandosi con una molecola che si chiama Ace2. Il legame fra RBD e Ace2 è essenziale per iniziare l'infezione, inoltre lo spike, questa punta, questa proteina di aggancio, ha anche una forbice molecolare, come dicono gli immunologi molecolari, una forbice che aiuta il virus a penetrare nella cellula umana. Il legame tra queste due proteine è talmente perfetto che non può essere altro che il risultato della selezione naturale e non il prodotto dell'ingegneria genetica.

Il secondo motivo per il quale ho pensato di parlare ai lettori del sito di AISD riguarda la terapia. Il centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, il CDC americano, ha rilasciato, non più tardi del 23 di questo mese, delle informazioni riguardo i farmaci che sono sotto studio in trials clinici, in tutto il mondo, per il trattamento del Covid 19. Il primo farmaco testato dai ricercatori è un antivirale che si chiama remdesivir (ne abbiamo già parlato in un altro messaggio presente in questo sito web), è un farmaco che si somministra per via endovenosa, che ha una larga attività antivirale, inibendo la replicazione del virus attraverso il blocco prematuro della trascrizione dell’RNA virale e ha in vitro una buona attività contro la sindrome acuta respiratoria severa. Quindi ci sono tutta una serie di studi clinici randomizzati e controllati, negli Stati Uniti come in Israele come in altri Paesi europei, sul remdesivir.

La seconda opzione su cui volevo spendere due parole riguarda un vecchissimo antimalarico, la clorochina e un suo derivato l'idrossiclorochina. Anche queste sono molecole in fase di studio, non come terapia principale ma come terapia addizionale, sia nel trattamento che nella profilassi dell'infezione da Covid 19. Al momento, a tutt’oggi, non si hanno dati disponibili e anche la dose ottimale della clorochina, così come dell’idrossiclorochina è ancora sconosciuta.

Terzo e ultimo accenno che avevo in mente di fare riguarda un'associazione fra lopinavir e ritonavir, perché da un lato ci sono recenti studi che hanno mostrato che questa associazione ha fallito un significativo risultato nei pazienti con Covid 19, ma comunque questa associazione ancora è sotto studio da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e, proprio non più tardi di ieri, o addirittura di stamattina, l'Agenzia Italiana per il Farmaco ha dato l'ok per l'impiego dell'associazione fra lopinavir e ritonavir, quindi questa associazione che è ancora in fase di studio, non è stata ancora certificata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, ma si sta studiando in molti centri.

È chiaro che non solo e non tanto per la clorochina e l’idrossiclorochina, la somministrazione della terapia richiede personale medico esperto in immunologia, in malattie infettive, in immunologia clinica, ricordo a questo proposito che l'idrossiclorochina è un farmaco molto utilizzato in immunologia clinica e in reumatologia nella terapia delle connettiviti sistemiche, dal lupus eritematoso sistemico alla connettività indifferenziata e alla connettivite non classificata) ma soprattutto i due antivirali, il remdesivir o l'associazione tra lopinavir/ritonavir, richiede chiaramente una competenza infettivologica antivirale molto specialistica.

Continueremo a tenervi aggiornati su questi argomenti e chiudo su di un altro antivirale il favipiravir, l’avigan di cui si è molto parlato nei magazine e nei giornali quotidiani. Anche per questo non ci sono dati definitivi, anche questo antivirale è in corso in corso di studio.

Prof. Stefano Coaccioli, Presidente Associazione Italiana per lo Studio del Dolore
Specialista in medicina interna, reumatologia, medicina del dolore

25 marzo 2020 

 

Leggi anche Il punto sulla ricerca di terapie contro il Covid 19

Associazione Italiana per lo Studio del Dolore ETS
Email: info@aisd.it 
Pec: associazionestudiodolore@pec.it
Sede legale: Via Tacito 7 - 00193 Roma
Codice Fiscale 80027230483 -  P.IVA: 14600111000


Articoli, notizie, comunicati possono essere inviati a: redazione@aisd.it

Per informazioni riguardanti le iscrizioni: soci@aisd.it

 

L'Associazione Italiana per lo Studio del Dolore è il capitolo italiano dell'International Association for the Study of Pain IASP® e della European Pain Federation EFIC®

      

Realizzazione Geniomela.it