Il webinar “L'impatto sociale del dolore ai tempi del COVID-19 e la ricerca di una visione integrata, sostenibile e personalizzata” ha messo a confronto decisori, pazienti ed esperti sul tema dell’assistenza ai malati in questa nuova fase dell’epidemia. L'incontro si è tenuto l'11 novembre 2020 è stato promosso da “Formiche”, con il contributo non condizionato di Neopharmed Gentili. Per l'Associazione Italiana per lo Studio del Dolore hanno partecipato il prof. Stefano Coaccioli e il prof. Diego Fornasari. Hanno partecipato l'On. Lisa Noja, Membro Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati, Alberto Migliore, Direttore del reparto di reumatologia dell'Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma e  Presidente di ISPOR  Italy - Rome Chapter, Mons. Renzo Pegoraro, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, Antonio Gaudioso, Segretario Generale Cittadinanzattiva e Componente della Commissione nazionale per l'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza. Ha moderato Maria Emilia Bonaccorso, Capo Servizio Ansa Salute. 

Riportiamo ampi stralci dell'articolo di sintesi pubblicato da Pharmastar

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Oltre al Covid-19 c’è un’altra emergenza sanitaria che coinvolge più di 5 milioni di italiani affetti da patologie osteoarticolari, costretti a fare i conti con una forma di dolore cronico benigno, e che necessitano di essere rassicurati e monitorati nella prosecuzione delle cure ... A ciò si aggiunga il rischio che si verifichi quanto accaduto nei mesi scorsi, e cioè da un lato un calo degli accessi alle strutture sanitarie per timore del contagio, dall’altro una riduzione dell’offerta di assistenza, che genera nei pazienti un senso di incertezza e di abbandono per la difficoltà a restare in contatto con lo Specialista e il Centro di riferimento.

“Nel nostro Paese non ci sono solo malati di Covid in questo momento ma persone con tante altre patologie che purtroppo per la seconda volta rischiano di trovarsi in gravi difficoltà. Ora siamo in una fase molto difficile perché le persone sono più affaticate, forse anche meno disponibili di prima a fare sacrifici visto che ne hanno fatti tanti in questi mesi. Anche gli operatori sanitari sono più provati rispetto alla prima ondata. A me arrivano continue segnalazioni di persone che avevano terapie e controlli programmati soprattutto nel caso di patologie croniche e che in questa situazione emergenziale vedono spesso gli ospedali far fatica a stare dietro alle loro esigenze. Si doveva agire con più rapidità tra la prima e la seconda ondata per far tesoro di tante buone pratiche che erano emerse. Oggi è urgente mettere in campo un nuovo sistema di assistenza ai più fragili, riconoscendo e correggendo ciò che nell'assistenza sanitaria non ha funzionato, ha affermato Lisa Noja, componente della Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati e membro dell'Intergruppo Innovazione. Le prestazioni erogate da medici e specialisti attraverso i servizi di telemedicina, in questi drammatici mesi, stanno contribuendo a cercare di garantire in tanti casi assistenza e monitoraggio a pazienti affetti da malattie croniche ma siamo indietro rispetto ad altri paesi. Ma è del tutto evidente che occorra affrontare il tema in maniera organica e strutturale. Abbiamo stanziato tante risorse in questi mesi ma serve un controllo su come vengono utilizzate”.

“Quando parliamo di dolore in ambito medico, quello più frequente dopo quello oncologico, è quello osteoarticolare. Sia negli ambulatori dei medici di medicina generale che in quelli specialistici vengono molti pazienti affetti da questa tipologia di dolore e di cui la patologia senza dubbio più frequente è l’artrosi che colpisce una grande fetta della popolazione italiana. L’osteoartrosi interessa oltre 2,5 milioni di italiani, soprattutto dopo i 50-60 anni, e colpisce principalmente le articolazioni di ginocchio, anca e colonna vertebrale - ha spiegato Alberto Migliore, Responsabile del Servizio di Reumatologia dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma. Le malattie reumatologiche coprono un ampio spettro di patologie, sia di origine infiammatoria, spesso come conseguenza di un’anomala risposta del sistema immunitario (l’artrite reumatoide, per esempio), sia di natura degenerativa come appunto l’artrosi. È una malattia molto insidiosa perché si manifesta in maniera graduale, ma nel tempo può portare a una severa limitazione dei movimenti con conseguenti impossibilità ad uscire di casa, isolamento sociale e depressione. Inoltre, studi confermano che la riduzione della mobilità causata dal dolore aumenta il rischio di mortalità precoce in pazienti affetti da malattie cardio-metaboliche. I farmaci antinfiammatori che possiamo dare ai pazienti per controllare il dolore, devono essere assunti per il minor tempo possibile e sotto controllo medico.
Con la pandemia da Covid i pazienti non hanno sempre avuto modo di aver accesso agli ambulatori e questo ha portato anche a cure fai da te che però possono essere collegate a effetti collaterali importanti”. “Bisogna comunque lanciare un allarme sull’artrosi perché pur non essendo di per sé una malattia mortale, se non viene curata la mortalità aumenta nei pazienti che hanno in contemporanea anche diabete e/o malattie cardiovascolari. Nei pazienti con artrosi bisogna innanzitutto intervenire col modificare i fattori di rischio e poi con adeguati trattamenti che possano rallentare l’avanzare della patologia” ha aggiunto Migliore.

Il prof. Diego Fornasari ha posto l'enfasi sul fatto che  “....dolore acuto e dolore cronico non si differenziano solo per una questione di durata temporale ma per diversi altri fattori. In genere il clinico classifica il dolore acuto come un dolore che non dura più di tre mesi ed inizia a considerare che quello possa essere un dolore cronico dopo le 12 settimane e quindi i 3 mesi. In realtà il processo di cronicizzazione non è correlato solo al tempo. Un dolore diventa cronico perché in quelle 12 settimane le vie nocicettive si modificano profondamente quindi il dolore modifica le vie nervose sul quale viaggia. Queste modifiche diventano una vera e propria malattia. Il dolore va trattato tempestivamente perché la via nocicettiva evolve negativamente come evolve negativamente l’osteoartrosi. Il dolore cronico deve essere trattato tutti i giorni, non solo quando diventa insopportabile, per contrastare i processi biologici maladattativi causati dalla progressiva modifica delle strutture su cui viaggiano gli stimoli dolorosi che, nel tempo, diventano più predisposte a mantenere il dolore e più resistenti a rispondere alle terapie - ha dichiara Diego Fornasari, Professore Associato di Farmacologia all’Università di Milano. Per questo motivo, è fondamentale che i pazienti reumatici non siano penalizzati dalla situazione emergenziale in corso, ma continuino ad essere regolarmente seguiti nella gestione della loro malattia, secondo un approccio polimodale, personalizzato sulle specifiche esigenze del paziente, che si basa sull’impiego di diversi tipi di farmaci, terapie infiltrative, riabilitazione, e con il coinvolgimento di un team multidisciplinare composto da reumatologo, medico di medicina generale, fisiatra e altri professionisti.”.

“Il Covid può provocare danni diretti ai tessuti e quindi anche alle articolazioni e ai muscoli e anche sui cordoni posteriori del midollo spinale diminuendo i neuroni positivi per il recettore ACE, diminuendo il recettore ACE sulla microglia e quindi variando il rapporto tra i recettori ACE1 ed ACE2 alimentando così il dolore in chi già ha problematiche croniche. Non va trascurato l’impatto del Covid su coloro che soffrono di dolore cronico, sia perché nei pazienti che hanno contratto il virus lo stato infettivo aumenta la sintomatologia dolorosa, sia per le implicazioni psicologiche dello stress da pandemia che, nella metà dei pazienti, causa una diminuzione della soglia del dolore con conseguente peggioramento della condizione dolorosa - ha affermato Stefano Coaccioli, Presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio del Dolore. A queste problematiche di natura biochimica, si è aggiunta, nei mesi scorsi, una riduzione dell’offerta sanitaria ambulatoriale e ospedaliera. Molti pazienti si sono sentiti abbandonati e privati della possibilità di confrontarsi con lo specialista, con pesanti ricadute a livello psicologico, oltre che sulla gestione della malattia e l’aderenza alle cure. Serve l’impegno di tutti affinché ciò non si ripeta nei mesi a venire, promuovendo, ad esempio, l’attivazione di servizi di supporto psicologico (numero verde, WhatsApp, email) e attraverso un maggior ricorso alla telemedicina per consulti, monitoraggio e assistenza da remoto”.

Se queste considerazioni valgono per i pazienti che hanno giù ricevuto una diagnosi, costretti a fare i conti con difficoltà di accesso ai servizi sanitari e disagi psicologici, non bisogna tralasciare l’impatto del Covid sulle visite diagnostiche mancate, che si ripercuote inevitabilmente sul decorso della malattia e sulla salute dei pazienti.

“Il dolore non si ferma in tutte le sue forme, manifestazioni e/o cause: dolore cronico, dolore a causa di una patologia oncologica, una neuropatia diabetica, a seguito di una patologia reumatica, muscolo-scheletrica o neurologica, dolore post operatorio - dichiara Antonio Gaudioso, Segretario Generale di Cittadinanzattiva. Tra le azioni che si dovrebbero implementate per rispondere ai bisogni di questi pazienti: la ricetta dematerializzata, utilissima soprattutto in questa fase di emergenza, anche per la terapia del dolore. L'incremento dei servizi di telemedicina per controlli e consulti, e per la gestione dei pazienti al domicilio. Un servizio di sostegno psicologico telefonico e anche attraverso la possibilità di scambiarsi delle mail per dei consigli pratici e immediati”.

“L’attenzione al dolore cronico necessita dell'impegno delle istituzioni sanitarie per mantenere le relazioni, il monitoraggio, l'ascolto e il dialogo per gestire le condizioni dei pazienti. L'attuale pandemia non dovrebbe impattare eccessivamente sui servizi per questi pazienti, stimolando una riorganizzazione per realizzare forme innovative di contatto, supporto, terapie (telemedicina, digital therapy). C'è una responsabilità etica nel valutare i bisogni fisici e psicologici anche di questi pazienti, nel distribuire le risorse economiche e umane disponibili secondo criteri di giustizia, solidarietà e priorità. Solo l'impegno comune, ben raccordato e strutturato, può garantire questo approccio, per una risposta efficace ai pazienti ed evitando conflitti e tensioni tra categorie di pazienti e tra realtà sanitarie” - afferma il Mons. Renzo Pegoraro, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita.

“La telemedicina e il telemonitoraggio – ha concluso l’On. Noja – giocano un ruolo essenziale nell'efficientamento del sistema sanitario e rappresentano un tassello fondamentale nella rete di riorganizzazione dell'assistenza, garantendo in alcuni ambiti un contenuto assistenziale quasi equivalente degli accessi tradizionali”.

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12 novembre 2020