Sono numerose in letteratura le riflessioni per un'aggiornata visione della Medicina del Dolore.

Ne presento qui alcune, anche di strettamente personali. La prima riguarda l'inserimento del dolore cronico nell'ambito delle malattie non-comunicabili (NCDs). La definizione di NCDs si riferisce a patologie non trasmissibili (non-comunicabili sensu strictu – vedi malattie cardio-vascolari, diabete, insufficienza renale),

ma certamente non sfugge a un'approfondita considerazione il fatto che il dolore cronico – considerato finamente una malattia with own rights – rappresenti una condizione morbosa che, anche alla luce di una conquistata collocazione nosografica, rappresenti un fattore di rischio per molteplici secondarierà – e non solo per un evidente riflesso sulla qualità della vita – con conseguenze quoad valetudinem e addirittura quoad vitam. Il termine "non-comunicabile" si deve riferire al fatto che, ancora oggi, il dolore cronico resta confinato in un limbo di incertezze operative e di scarsa valutazione nella pratica clinica quotidiana (Coaccioli S. et al. 2016, submitted), a fronte addirittura di chiare disposizioni di legge (vedi la Legge 2001 su "Ospedale-Territorio senza Dolore" e la Legge 38/2010).

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Stefano Coaccioli

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