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Far crescere la consapevolezza sulla rilevanza clinica e sociale di cure adeguate per il dolore cronico

Un'adeguata cura del dolore dovrebbe essere un diritto ed essere effettivamente garantita alle persone con dolore cronico. La legge 38, entrata in vigore in Italia nel 2010, sancisce il diritto del cittadino a non soffrire. A distanza di dodici anni, tale diritto appare ancora disconosciuto e attualmente l'accesso ad adeguate cure per il dolore rivela carenze significative.

È stata inoltre osservata una discrepanza tra la rilevanza del dolore cronico e le risorse sanitarie disponibili nel quadro del nostro sistema sanitario nazionale. Un recente articolo pubblicato sull'International Journal of Environmental Research and Public Health presenta il punto di vista di un board di anestesisti italiani sullo stato dell'arte della gestione del dolore cronico in Italia.

Considerato per lungo tempo come una condizione non pericolosa per la vita e spesso trascurata, il dolore è stato storicamente sottotrattato e le sequele cliniche del suo scarso controllo sono state ignorate. A livello internazionale, tuttavia, è evidente una preoccupante prevalenza del dolore con una variabilità tra i Paesi che va dal 9,9% al 50,3%, confermando quindi come il dolore sia un problema di salute primario a livello mondiale. Il dolore cronico provoca la maggiore perdita di produttività rispetto a qualsiasi condizione patologica e impatta siginificativamente sulla spesa sanitaria significativi. Il dolore di lunga durata non trattato o non adeguatamente controllato è una condizione cronica che influisce gravemente sulla qualità della vita dei pazienti (QoL) con effetti fisici, psicologici e funzionali negativi ad ampio raggio.
Una tappa importante nel quadro normativo sanitario europeo è stata rappresentata dalla legge 38, entrata in vigore in Italia nel 2010, che ha sancito il diritto del cittadino a non soffrire. La legge ha aperto la strada alle raccomandazioni per lo sviluppo di centri sanitari dedicati alle cure palliative e alla terapia del dolore e per fornire strutture di assistenza sia ospedaliera che ambulatoriale e garantire la continuità nel percorso diagnostico-terapeutico dei pazienti con dolore cronico. Ad oggi, accanto all'Italia, pochi governi europei hanno riconosciuto la gestione del dolore come un obbligo di legge e poche organizzazioni sanitarie nazionali hanno approvato una carta dei diritti per le persone che vivono con dolore cronico.
Nonostante il quadro normativo definito dalla legge 38/2010, l'erogazione di un'adeguata assistenza sanitaria assistenziale appare problematica nel nostro Paese. Attualmente manca un approccio multidisciplinare alla gestione del dolore derivante dall'osservazione che la patologia dolore cronico ha componenti biologiche e psicosociali strettamente correlate. Pertanto, il trattamento abituale fornito da un singolo reparto/specialista potrebbe non essere sufficiente, richiedendo team multiprofessionali. Inoltre, vi è una scarsa consapevolezza delle opportunità che la Legge 38/2010 può offrire ai cittadini, visto che sette cittadini su dieci non conoscono né la Legge né i diritti che essa stabilisce per evitare al paziente “sofferenze inutili. Di conseguenza, l'Italia è il terzo Paese europeo in termini di prevalenza di dolore cronico con circa un soggetto su quattro che ne soffre e un paziente su tre con dolore non diagnosticato o indirizzato in ritardo ai centri di terapia del dolore. Una maggiore consapevolezza dei diritti non può quindi più essere trascurata tra la popolazione generale e all'interno della comunità medica.
Negli ultimi anni sono state organizzate diverse iniziative volte sia a valutare il grado di attuazione della Legge 38/2010 a livello nazionale, sia a colmare i gap clinici, organizzativi e culturali che ostacolano l'accesso dei pazienti con dolore cronico alle cure di cui hanno diritto. Di recente è stato emanato un Manifesto Sociale contro il dolore, promosso dalla Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) e sottoscritto da associazioni di pazienti e da diciassette società scientifiche, tra cui l'Associazione Italiana per lo Studio del Dolore, AISD.
Il Manifesto parte da una riflessione sullo stato dell'arte della gestione del dolore cronico, si pone l'obiettivo di far progredire la cura del dolore verso modelli integrati di cura in cui tutti i professionisti coinvolti nella gestione dei pazienti possano trasmettere sviluppare una gestione del dolore completamente multidisciplinare, traducendo in modo efficiente la ricerca in pratica. Le conclusioni tratte dagli autori dell'articolo sono in sintesi le seguenti:
- il diritto a non soffrire è ancora disatteso in Italia e l'attuale accesso a un'adeguata cura del dolore rivela carenze significative;
- c'è scarsa consapevolezza della malattia, diagnosi tardive, gestione del dolore inadeguata e significativa disomogeneità nell'erogazione della cura del dolore, anche per richiedere interventi urgenti a più livelli;
- ad oggi, riconoscere il dolore come una malattia e impegnarsi per la piena implementazione della classificazione del dolore secondo l'ICD-11 può aumentare la consapevolezza pubblica della rilevanza clinica e sociale di un'efficace cura del dolore, nonché dell'importanza di includere il sollievo dal dolore all'interno di un continuum di strategia di cura per il dolore cronico all'interno del Piano Nazionale Cronicità, un piano sanitario che detta linee di indirizzo sulle patologie a decorso cronico, che le singole regioni d'Italia devono attuare sul proprio territorio, in considerazione dei servizi e delle risorse disponibili;
- riconoscere il dolore come un problema biopsicosociale e il suo impatto a più livelli dovrebbe porre le basi per lo sviluppo di un nuovo pensiero sugli obiettivi della gestione del dolore e riconsiderare l'attuale attenzione sull'intensità del dolore. Oltre all'intensità del dolore, i medici dovrebbero concentrarsi su qualità del dolore, funzionalità fisica ed emotiva, miglioramento e soddisfazione per il trattamento e la tollerabilità della terapia.

Un approccio razionale al dolore cronico dovrebbe comportare un modello all'interno di un continuum integrato di servizi (primari, secondari e terziari) all'interno dei quali più professionisti cooperano per garantire il diritto a non soffrire. La complessità della fisiopatologia del dolore cronico e i vari problemi multidimensionali di cui soffrono i pazienti con dolore richiede il contributo di team multidisciplinari, con la figura emergente dello specialista in medicina del dolore che ha competenze avanzate nella cura, dalla diagnosi alla prescrizione della terapia.

Resta fondamentale il miglioramento della formazione in tutte le specialità mediche, attraverso la promozione di specifici corsi di laurea e post-laurea, e lo sviluppo di un linguaggio e di criteri diagnostici comuni che possano garantire un approccio multidisciplinare condiviso. Infine, stabilire un chiaro percorso di gestione può rappresentare una grande potenzialità per ottimizzare la cura del dolore. Gli interventi che aiutano a indirizzare in modo appropriato e favoriscono il coordinamento delle cure potrebbero garantire che le persone con dolore cronico siano curate dal medico giusto al momento giusto. L'accesso precoce alla cura del dolore, riducendo al minimo una potenziale diagnosi tardiva e realizzando un trattamento efficace evitando costose complicazioni, può migliorare la qualità della vita dei pazienti e la sostenibilità dei sistemi sanitari.

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Natoli S, Vittori A, Cascella M, Innamorato M, Finco G, Giarratano A, Marinangeli F, Cuomo A. Raising Awareness on the Clinical and Social Relevance of Adequate Chronic Pain Care. International Journal of Environmental Research and Public Health. 2023; 20(1):551. https://doi.org/10.3390/ijerph20010551

2 gennaio 2023, a cura della redazione web AISD