Ritrovare la luce

Presentiamo un contributo di Valeria T, giovane paziente che soffre di dolore cronico a causa di un incidente durante una lezione di danza, incidente avvenuto alcuni anni fa. La sua storia è disponibile sia nel sito AISD che su Dolore aggiornamenti clinici. Ora Valeria si sta dedicando a raccogliere testimonianze e racconti di pazienti e questa è una delle storie che ci propone.

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Cari lettori, oggi sono qui per raccontarvi una storia molto interessante, che in realtà deriva da un’unione di tante testimonianze di pazienti che soffrono di dolore cronico e che mi hanno ispirata particolarmente, soprattutto per l’estrema somiglianza tra ciò che hanno dovuto affrontare, nonostante avessero patologie o cause di dolore differenti tra loro. In particolare, tramite questo racconto rappresentativo della voce di tanti individui, ho deciso di scegliere come argomento proprio il lieto fine, in modo che possa dare speranza a tutti coloro che soffrono, me compresa! La protagonista, infatti, è riuscita realmente a rinascere e ritrovare la luce dopo ben vent’anni di sofferenza.

È molto importante che chi sta soffrendo, anche se al momento può essere in condizioni terribili, sappia che ritrovare il benessere è realmente possibile. Uscire dal dolore cronico, seppur difficile, è un percorso raggiungibile. Ovviamente sono necessari giusti accorgimenti, professionisti estremamente specializzati e capaci nel trattare e conoscere la neurofisiologia del dolore, ma grazie a ciò si può ritornare alla propria vita senza sofferenza.

Addirittura, anche nei casi di malattie croniche come possono essere quelle autoimmuni, che purtroppo non possono scomparire dall’organismo e sono, come si suol dire, “eterne”, può essere possibile comunque una rinascita. Anche se restano con noi come compagne di vita, è possibile, trovando la giusta terapia e il corretto equilibrio nello stile di vita, arrivare a soffrire molto meno. Naturalmente, il dolore persistente è sempre una montagna russa e i sintomi si presentano in maniera differente di giorno in giorno, ma possono essere alleviati in molti casi e dare la possibilità al paziente di vivere la propria vita nel modo migliore possibile.

Lucia è una giovane amante dell’equitazione. A soli 10 anni, durante una delle sue lezioni, il cavallo si imbizzarrisce e lei cade di schiena per terra. Prende un forte colpo, ma senza ripercussioni a livello fisico. Niente fratture o lesioni di nessun tipo. Nonostante questo, da quel momento inizia il suo calvario.

Il dolore cronico è letteralmente un interruttore dentro ognuno di noi e, attraverso determinati stimoli, può accendersi. L’evento scatenante, in questo caso, è proprio l’impatto intenso con il suolo.

Esso, ha innescato una serie di sintomi: dolore alla schiena (ovviamente), estrema sensibilità ai denti, mal di stomaco, cistite, emicrania, insonnia e tanti altri.

Purtroppo, come spesso accade, tali dolori persistenti non vengono evidenziati dagli esami strumentali e, di conseguenza, molti professionisti, soprattutto quelli non specializzati in tali problemi, li sottovalutano e dichiarano che potrebbero derivare da una debolezza psicologica. Lucia ha subito troppe volte il fenomeno del gaslighting, ossia una manipolazione psicologica che prevede che vengano presentate alla vittima false informazioni per farla dubitare delle sue stesse percezioni. È ricorrente in gran parte dei pazienti che soffrono di patologie invisibili, difficili da diagnosticare e poco conosciute nell’ambito medico e sociale. Infatti, la ragazza per anni è stata convinta di essere pazza, di soffrire di ansia e di essere fragile. Sostanzialmente, riteneva di non meritare cure perché era ciò che i medici e le persone in generale intorno a lei le facevano credere, affermando che, se si fosse tranquillizzata e avesse vissuto meglio la vita, il dolore sarebbe passato. Ha incontrato anche una psicologa, con cui si è confrontata su tale problema, ma anch’essa ha sminuito la sua sofferenza fisica ed emotiva. Perciò, Lucia dice di aver perso anni ad “interpretare il ruolo della pazza”, perché le avevano fatto credere che le appartenesse, continuando, però, a soffrire terribilmente e a vedere i suoi sintomi peggiorare giorno dopo giorno.

Ovviamente il fenomeno del gaslighting si presenta quando non ci si rivolge ai professionisti sanitari giusti. Molti sottovalutano o non conoscono le dinamiche di funzionamento di un corpo che soffre di dolore cronico. Questo porta, oltre a mancanza di empatia, una volontà di non ricercare a fondo la problematica, bensì trasferirla all’aspetto psicologico, a cui si pensa appartenga.

La vera fortuna, per chi soffre di tali dolori, è riuscire a scovare quel gruppo di medici che conosce la neurofisiologia del dolore, una disciplina che studia letteralmente cosa avviene nel nostro corpo quando qualcuno soffre di dolore persistente e come può essere affrontato.

Per Lucia è stato importante incontrare un fisioterapista esperto in esso. Con lui, ha iniziato a parlare dei suoi sintomi, di come si sentiva, di come essi incidevano sul suo stile di vita e, ben presto, è riuscita ad iniziare il suo lavoro multidisciplinare con un’equipe di specialisti che, al contrario dei medici incontrati in precedenza, ascoltassero la sua sofferenza e avessero come unico obiettivo il benessere della ragazza. Lei ritiene che questo sia stato un vero miracolo, proprio quando aveva perso qualunque speranza, perché ha potuto dare finalmente un nome alla sua malattia: “dolore”. Ebbene sì! Questo è il suo nome, la sua malattia è il dolore stesso e, finalmente, ha potuto avere la conferma che il suo problema, seppur invisibile, era pur sempre di natura organica, non mentale o immaginaria, legata ad un’estrema sensibilità del sistema nervoso centrale.

Per quanto riguarda il ricordo dei professionisti che non l’hanno compresa, ammette che non riuscirà mai a perdonarli per la mancanza di conoscenza in tale ambito. Chi soffre di dolore cronico ha diritto di essere curato come chiunque altro, non etichettato come “pazzo” o “senza speranza” e, per fortuna, questo è ciò che i terapisti e neurofisiologi del dolore hanno compreso, dedicando la loro vita alla cura e al benessere di chi soffre senza essere capito e, spesso, senza una causa apparente.

Ciò che rende ancora più interessante ed istruttivo questo evento, è l’idea che tratti di un dolore cronico esistente come malattia a sé stante, senza la presenza di una condizione patologica o trauma fisico dietro. Per questo motivo, cerchiamo di insistere sull’idea che il dolore sia una vera e propria patologia, poiché non è necessaria una delle cause elencate per far sì che esso si sviluppi. Si può, semplicemente, in certi casi, autoalimentare.

Il primo spiraglio di luce è arrivato, appunto, trovando il fisioterapista che ha compreso il dolore di Lucia e ha impostato, insieme ad altri professionisti, un percorso multidisciplinare per gestire e curare ogni aspetto con cui il dolore cronico interferisce: fisico, psichico, sociale.

Chiaramente, è stata coinvolta anche una psicologa, ma questa volta non con l’intento di giudicarla, bensì di aiutarla a gestire il carico di sofferenza emotiva accumulato in questi venti anni. A sentirla, sembra ovviamente una storia molto tragica, ma dimostra che, anche nelle condizioni peggiori, si può ritrovare la felicità e il benessere che tutti si meritano.

Roberto Canessa, uno dei ragazzi sopravvissuti al disastro delle Ande del 1972, cita due frasi molto belle per aiutare a combattere: “La sofferenza è una situazione transitoria da cui puoi uscire” e “Ogni passo che compio è un passo più vicino alla vita”. 

Come già accennato, il processo di guarigione parte, per tutti, dal fatto di trovare medici completamente esperti del problema. Spesso, è difficile però, perché finché non si conosce l’effettiva causa dei propri sintomi, non sempre si riesce a comprendere a chi rivolgersi. Sicuramente, nel caso del dolore, chiunque lo studi e sia competente in materia, può essere la persona giusta.

Ovviamente, nel processo di individuazione delle terapie e delle modalità corrette per stare meglio, si troveranno tanti ostacoli da superare. In quel momento, è fondamentale non mollare, bensì riempirsi di speranza e attendere, con tanta pazienza, che sia individuata la via giusta. Oltretutto, anche durante quella, si dovranno fronteggiare momenti di difficoltà, di ricadute, perché purtroppo il dolore cronico è difficile da scacciare. In quei momenti, sarà fondamentale seguire i consigli dei professionisti, non abbattersi e sfruttare quanta più forza e costanza possibile, ascoltando sempre e comunque il proprio corpo, perché ricordiamo che con il dolore cronico, una riabilitazione massacrante ed eccessivi sforzi sono controproducenti.

Oggi, Lucia sta finalmente bene. Certo, ha ancora delle giornate no, ma l’importante è che riesca a vivere la sua vita serenamente e senza più soffrire come prima. Dopo vent’anni di torture, immaginatevi che enorme sollievo sia!

Prendiamo sempre nota del fatto che, anche quando si trova la via d’uscita, rimane importante dedicarsi notevolmente alla propria salute fisica e mentale, tramite fisioterapia o allenamento costante. La costanza è l’arma vincente contro le ricadute.

Certamente, la luce che si deve trovare cambia da persona a persona, perché ognuno di noi ha un buio diverso da illuminare. Un individuo al 100% sano potrebbe trovare la luce attraverso un successo lavorativo, mentre, un malato cronico, attraverso una semplice terapia che possa permettergli anche solo di avere più autonomia e meno sintomi, per poter uscire più spesso a passeggiare e vedere il sole. Questo dimostra quanto la vita sia composta per il 95% dal modo in cui si reagisce a determinati eventi e quanto, ciò che ci può rendere felici, sia estremamente soggettivo.

Ricordatevi sempre di lottare con estremo entusiasmo e fierezza, amandovi giorno dopo giorno e non colpevolizzandovi mai, perché la sofferenza che vivete non dipende da voi.

Auguro a tutti voi di apprendere da questi racconti come sia meglio gestire questo mostro invisibile. Nel caso dei professionisti sanitari, spero che possano comprendere meglio il punto di vista del paziente e come funziona tale malattia, mentre, per i pazienti, spero che possano trarre ispirazione e forza da racconti che vedono come protagonista non solo il dolore, ma soprattutto la capacità di ritrovare il sorriso e, possibilmente, il benessere. 

Valeria T.

26 agosto 2024

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