Boella sottolinea come questa contraddizione non sia del tutto sorprendente: è un meccanismo psicologico già osservato in altri contesti, dove la qualità percepita di un contenuto è influenzata dalla sua presunta origine. È una questione di fiducia, di aspettative e di contesto culturale, più che di effettiva efficacia comunicativa. In particolare, emerge un punto cruciale: la comunicazione automatizzata può simulare l’empatia, ma resta priva di autentica consapevolezza emotiva. I chatbot attingono a grandi quantità di dati per produrre risposte “plausibili”, e non provano empatia — ma possono sembrare empatici, e spesso questo basta.
L’intervista tocca poi il tema della trasparenza: è giusto informare sempre il paziente sull’origine delle informazioni ricevute? Boella difende la necessità etica della chiarezza, sottolineando come celare l’intervento dell’AI equivarrebbe a trattare l’utente come un soggetto da proteggere, e non da rispettare. In tal senso, richiama anche gli obblighi normativi imposti dall’AI Act europeo.
Centrale nel discorso è anche la figura del medico: l’AI non dovrebbe sostituirlo, ma affiancarlo. Come in passato il professionista consultava il prontuario cartaceo, oggi può fare affidamento su sistemi intelligenti per approfondire o verificare una diagnosi. Ma, ammonisce Boella, la differenza sta nell’uso consapevole e critico, non nella delega passiva.
L’intelligenza artificiale in ambito sanitario — osserva il professore — non è una questione puramente tecnologica. Ha implicazioni economiche, politiche e sociali profonde. Se inserita in un sistema sanitario già stressato, rischia di diventare un alibi per ulteriori tagli e semplificazioni. La responsabilità e la formazione degli operatori diventano allora nodi cruciali per evitare un uso distorto delle tecnologie.
La conclusione è chiara: l’AI può migliorare la medicina, ma solo se viene guidata da scelte consapevoli. Non è tanto la tecnologia a decidere il nostro futuro, ma come decidiamo di usarla. E questo, dice Boella, è un compito collettivo.