Cannabis terapeutica e dolore cronico: tra evidenze scientifiche e limiti normativi

Un recente studio pubblicato su Clinical and Experimental Rheumatology* da un team multidisciplinare di medici italiani esplora con rigore scientifico le reali potenzialità della cannabis terapeutica (MC, Medical Cannabis) nel trattamento del dolore cronico. Il risultato? Le aspettative vanno calibrate su basi scientifiche, con attenzione alle controindicazioni e alle responsabilità medico-legali.

La promessa della cannabis nella terapia del dolore

Negli ultimi anni, la cannabis terapeutica è emersa come possibile alleata nel trattamento di dolori cronici, specialmente quelli di origine neuropatica o reumatologica (come artrite reumatoide, fibromialgia, spondiloartriti). I composti attivi – come THC, CBD, THCV e CBN – interagiscono con il sistema endocannabinoide umano modulando dolore, infiammazione, ansia e sonno.
Secondo il lavoro del gruppo guidato dal prof. Vittorio Schweiger (Università di Verona), la maggior parte delle revisioni sistematiche mostra una riduzione del dolore statisticamente significativa rispetto al placebo. Tuttavia, l’effetto medio rilevato nella scala del dolore (NRS da 0 a 10) oscilla tra -0,43 e -0,70 punti – una riduzione considerata da "molto piccola" a "moderata", e in molti casi sotto la soglia di rilevanza clinica.

Cosa dicono i pazienti?

Il paradosso emerge nei dati soggettivi: molti pazienti riferiscono miglioramenti sostanziali nella qualità della vita e nella gestione del dolore. Gli autori ipotizzano che ciò sia dovuto all’effetto placebo, alla variabilità dei prodotti a base di cannabis, e alla possibile azione positiva su disturbi concomitanti come insonnia, ansia e depressione.

Sicurezza e rischi: gli effetti collaterali da considerare

Sebbene gli effetti avversi gravi siano rari, è comune riscontrare sintomi come sonnolenza, vertigini, nausea, secchezza orale, diarrea e euforia. Inoltre, una preoccupazione crescente è il rischio di sviluppare una dipendenza da cannabis (Cannabis Use Disorder, CUD). Secondo i dati raccolti, fino al 29% dei pazienti che usano MC può sviluppare una forma di dipendenza, soprattutto in caso di uso quotidiano e concentrazioni elevate di THC (>12,5%). Il rischio è amplificato in soggetti sotto i 25 anni, con disturbi psichiatrici pregressi, o con storia di abuso di sostanze.

Chi non può usare la cannabis medica?

L'articolo elenca numerose controindicazioni assolute, tra cui:

  • Malattie cardiovascolari instabili
  • Disturbi psicotici o bipolari
  • Gravidanza e allattamento
  • Patologie respiratorie (per le forme inalate)

Inoltre, si raccomanda estrema cautela negli anziani, nei pazienti immunodepressi e in chi assume farmaci che interagiscono con il metabolismo epatico.

Una terapia "di seconda linea"

Nonostante l’interesse crescente, le società scientifiche raccomandano l’uso della cannabis solo come trattamento aggiuntivo, quando le terapie convenzionali (antidolorifici, oppioidi, antinfiammatori) si rivelano inefficaci o non tollerate. La dose iniziale consigliata parte da 5 mg di CBD al giorno, con aumenti graduali, e aggiunta eventuale di THC fino a un massimo di 40 mg/die.

Italia: burocrazia, regioni e cavilli legali

In Italia, la cannabis medica non è considerata una terapia di prima linea, ma un’opzione “di supporto sintomatico”. Il medico può prescriverla con ricetta non ripetibile, ma la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario varia da regione a regione. Alcune limitano la prescrizione a specialisti (es. oncologi, palliativisti, reumatologi), altre richiedono piattaforme digitali dedicate e piani terapeutici aggiornati.

Dal punto di vista medico-legale, le implicazioni sono numerose:

  • Guida: chi assume MC con THC deve sottoporsi a valutazione medico-legale per il rinnovo della patente.
  • Lavoro: sono possibili controlli tossicologici e limitazioni all’idoneità lavorativa.
  • Assicurazioni e armi: il ritrovamento di THC può invalidare coperture assicurative; chi assume MC non può ottenere licenze per armi da fuoco.

Conclusioni

I trattamenti con MC per il dolore cronico stanno diventando sempre più diffusi. Si prevede che, nei prossimi anni, ulteriori studi forniranno maggiore chiarezza sulla loro efficacia in questi pazienti. Tuttavia, a causa delle numerose considerazioni cliniche e medico-legali associate ai prodotti derivati ​​dalla cannabis, i terapisti del dolore devono essere informati in modo approfondito sulle indicazioni, controindicazioni, precauzioni, interazioni farmacologiche, dosaggi e potenziali eventi avversi (EA), incluso il rischio di dipendenza in specifiche popolazioni di pazienti. Inoltre, i medici prescrittori devono possedere una conoscenza approfondita delle implicazioni medico-legali nel proprio Paese per mitigare efficacemente i potenziali rischi per i pazienti, gli altri e se stessi.

*Schweiger V, Ganz B, Martini A, Sarzi-Puttini P, Bazzichi L, Bonora E, Vendramin P, Nizzero M, Zamboni L, Polati L, Lugoboni F, Raniero D, Polati E, Del Balzo G. Medical cannabis for chronic pain management: questions and answers between clinical and medico-legal issues. Clin Exp Rheumatol. 2025 Jun;43(6):1128-1135. doi: 10.55563/clinexprheumatol/o23y55. Epub 2025 Jun 19. PMID: 40556619.

4 luglio 2025

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